Piateda. I corsi estivi con l’Università di Torino Analisi e rilievi sul campo sul complesso che nel Medioevo era usato per estrarre il ferro
La prima pietra per la valorizzazione del sito minerario della val Venina a Piateda è stata posta. Si è conclusa a Piateda la summer school per gli studenti universitari, intitolata “Interventi e analisi per lo studio del sito archeominerario della val Venina”, promossa all’interno del progetto “Le radici di una identità”, ideato dalla Comunità montana di Sondrio in collaborazione con l’Università degli studi di Torino sui contesti medievali della Valtellina.
Approfondimenti
Tre giornate intense in cui sono stati approfonditi gli aspetti paesaggistici del complesso minerario della val Venina, attraverso attività di analisi e rilievo sul campo. Vi hanno partecipato undici studenti, con vari livelli di capacità e di conoscenze, suddivisi fra la laurea triennale e quella magistrale del dipartimento degli Studi storici dell’Università di Torino, ma l’iniziativa ha coinvolto anche la popolazione grazie agli incontri aperti alla cittadinanza. «Durante la summer school abbiamo svolto l’attività didattica impostando gli studenti su un metodo di lavoro che li ha portati a vedere direttamente il forno per la riduzione del minerale in val Venina, uno dei manufatti certamente fra i più interessanti del territorio valtellinese, per lo meno del lato orobico – afferma Paolo De Vingo, docente dell’Università di Torino -. I ragazzi hanno constatato le dimensioni e l’imponenza della costruzione ed hanno svolto un lavoro di rilievo del forno e di quello che lo circonda. Intorno ci sono altre strutture che sono, verosimilmente, riconducibili a laboratori o alloggi dei minatori. Noi partiamo da una realtà recente per ricostruire tutto il processo di estrazione e lavorazione del minerale nel tempo». «I manufatti della val Venina, secondo le fonti, risalgono al periodo alto-medievale – aggiunge L’integrazione delle fonti scritte ci consente di determinare un quadro più complesso di quanto si sarebbe potuto immaginare. Nel Medioevo diversi erano gli attori sulla scena: famiglie aristocratiche locali o imparentate con i Grigioni, il vescovo di Como e monasteri locali che rivestivano un ruolo importante nella gestione delle attività economiche che garantivano reddito ed erano fonte di guadagno e ricchezza attraverso canoni e censi in ferro».
Le procedure
Il professore spiega anche come dapprima il ferro venisse estratto e, quindi, preparato e trasformato in masselli che venivano avviati alla produzione vera e propria. «Le fasi di estrazione e riduzione del ferro si svolgevano in altura – precisa -. Dopodiché si formavano carovane di quadrupedi (muli o cavalli) che portavano i lingotti di ferro ai forni fusori che si trovavano a valle, anche perché quando è stata applicata l’acqua alla metallurgia con il maglio, la risorsa idrica è divenuta fondamentale». Ma ecco la valenza delle ricerche condotte a Piateda: «Abbiamo impostato un metodo di studio e, attraverso questa prima attività, restituito alla comunità una prima parte del patrimonio che andrebbe studiata e valorizzata», conclude De Vingo.
Clara Castoldi
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