Iniziativa della Comunità montana di Sondrio per la riscoperta delle radici del mandamento.
Presente su Facebook, presto su Instagram “Le radici di una identità-Temi, strumenti e itinerari per la (ri)scoperta del mandamento di Sondrio tra Preistoria e Medioevo”, progetto iniziato un anno fa, ha portato alla luce “gioielli” storico-artistici del comprensorio dimenticati, ora riassunti in pillole nella brochure fresca di stampa presentata in anteprima lunedì pomeriggio. Una presentazione coordinata da Tiziano Maffezzini, presidente della Comunità montana di Sondrio, affiancato da Rita Pezzola, coordinatrice scientifica del progetto, che vede in cabina di regia l’ente comprensoriale, finanziato sul bando dei Beni emblematici da Fondazione Cariplo e da Regione Lombardia, con il sostegno di Fondazione Gruppo Credito Valtellinese con la compartecipazione economica di 19 Comuni. Un progetto da 2.113.966 euro (700mila euro il contributo di Fondazione Cariplo, 600miladel Pirellone). «É una brochure semplice e leggera: sono 16 pagine, in cui ci sono le riflessioni che ogni Comune ha fatto, declinando la propria azione ili concreto-cioè una serie di opere -, con novità sulle quali vogliamo puntare maggiormente l’attenzione» ha detto Pezzata «Stiamo scoprendo delle cose inedite e spesso sconosciute, come ad esempio la miniera del Vitalengo- in Val Madre e nella vicina Val Cervia-a Fusine: era una miniera sconosciuta a 2.300 metri di quota e quest’estate è stata riscoperta dai borsisti dell’università di Torino». Quattro sono gli atenei che collaborano al progetto di ricerca applicata al territorio, che ha tra le finalità quella cli promuovere e valorizzare un intero comprensorio, andando a riscoprire tutto ciò che ci appartiene in un’ottica turistica ed economica: oltre all’università di Torino, quella di Bergamo, l’AlmaMater Studiorium di Bologna e il Politecnico di Milano. Coinvolte anche una quarantina di associazioni. Passando dalla teoria alla pratica, in un anno di lavoro «il mandamento si è trasformato in un grande laboratorio a cielo aperto». «Tutto è stato reso possibile grazie a una rete di conoscenze -ha posto l’accento Maffezzini -, che cerchiamo cli far diventare patrimonio comune. Perché solo attraverso la conoscenza e la consapevolezza di ciò che ci circonda è possibile ritrovare un legame con i territorio e assumere un ruolo di responsabilità nei confronti del paesaggio: per conservarlo e allo stesso tempo per continuare a viverlo in modo rispettoso». «Questo primo anno-ha concluso Pezzola- è stato occasione di chiarezza e comprensione, utile a creare relazioni costruttive dentro e fuori il territorio per avere chiaro con maggiore lucidità cosa e come vogliamo raggiungere».
Daniela Lucchini
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